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MANGIARE BENE FIN DA PICCOLI: consigli per parlare ai bambini di 3–6 anni senza dire ‘dieta’

  • Immagine del redattore: Michele Operoso
    Michele Operoso
  • 6 ott
  • Tempo di lettura: 4 min

Quando parliamo con i nostri figli piccoli di cibo e salute, il linguaggio è fondamentale. “Dieta” è una parola che spesso evoca restrizioni, sacrifici e sensazioni di fallimento. Al contrario, “mangiare bene” trasmette un’idea positiva: alimentarsi per crescere forti, sani e felici. Le ricerche e le linee guida più recenti concordano sul fatto che i genitori devono costruire un dialogo sereno e rispettoso fin dai primi anni della scuola materna, perché un linguaggio sbagliato può influenzare l’autostima e il rapporto con il cibo dei bambini anche in futuro.


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Perché il concetto di dieta può essere dannoso

Nella fascia d’età 3‑6 anni i bambini sviluppano rapidamente la propria identità e assorbono ogni messaggio che ascoltano. Studi italiani ed internazionali dimostrano che parlare di dieta o di dimagrire trasmette l’idea che il valore di una persona dipenda dal peso e dal controllo alimentare. La guida della Società Italiana di Pediatria (SIP) invita i genitori a concentrarsi su sane abitudini e attività piacevoli, piuttosto che sulla riduzione del peso; sottolinea che la perdita di peso non dipende solo dalla forza di volontà e che l’obiettivo non deve essere il “dimagrire”. Allo stesso modo, le prese in giro o i commenti su pancia, chili o taglia possono creare ferite che compromettono l’autostima e favoriscono disturbi alimentari.

Una ricerca americana ha analizzato l’efficacia di messaggi positivi sul cibo rivolti a bambini di 3‑5 anni. I piccoli a cui veniva detto che “le lenticchie ti faranno crescere più forte” o che “le carote ti fanno vedere meglio” mangiavano il doppio di cibi poco graditi rispetto ai bambini che ricevevano solo ordini o critiche. Questo studio dimostra che i messaggi positivi basati su benefici reali (crescere, avere energia) funzionano meglio delle imposizioni e conferma che i genitori sono un potente modello educativo.

Un’altra fonte, il blog della Youth Clinic sul cibo intuitivo, invita a togliere dal vocabolario familiare le parole legate alla dieta e a usare un linguaggio neutro: descrivere i sapori e i colori degli alimenti, parlare di sazietà e incoraggiare i bambini a sentire i segnali del corpo. Anche il blog della CHOC Children’s Hospital sottolinea che etichettare i cibi come “buoni” o “cattivi” crea un rapporto conflittuale; si consiglia di spiegare che tutti gli alimenti possono essere inseriti in un’alimentazione equilibrata e che è meglio concentrarsi su ciò che il corpo può fare grazie al cibo.


Parlare di mangiare bene: consigli pratici per i genitori


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Scegliere le parole giuste

  • Evitate parole come “dieta” o “dimagrire”. La guida SIP suggerisce di parlare di crescita e salute e di non focalizzarsi sul peso. Se qualcuno parla della sua “dieta dimagrante” davanti al bambino, potete rispondere cortesi ma fermi: “Preferisco non parlarne adesso qui, sto cercando di non parlare di diete davanti ai bambini”.

  • Sostituite “dieta” con “mangiare bene”. Raccontate ai vostri figli che state imparando a scegliere cibi che danno energia per correre, giocare o studiare. Parlate di alimenti “che ci fanno stare bene” e di “cibi per fare il pieno di energia”.

  • Descrivete le qualità del cibo. Phrases come “Questo kiwi è dolce come una fragola” o “Il pollo è succoso e croccante” stimolano la curiosità sensoriale e non giudicano. Evitate frasi come “Se mangi le verdure potrai avere il dolce” o “Finisci tutto per me”, che insegnano a mangiare per approvazione.

Creare un ambiente positivo a tavola

  • Mangiate insieme senza schermi. Parlare a tavola fa sentire i bambini protagonisti. Frasi come “Mi piace parlare con te a tavola, spegniamo la TV?” aiutano a vivere il pasto come un momento di relazione.

  • Modellate comportamenti sani. Secondo la SIP, essere un buon modello significa mostrare piacere nel mangiare cibi sani e nel muoversi; ciò trasmette ai figli che mangiare verdura e fare attività sono attività divertenti, non punizioni per dimagrire.

  • Evitare premi e punizioni legati al cibo. Il manuale “Talking Positively at Mealtimes” dell’Università del Nevada indica che negare il dessert finché non si mangiano le verdure o usare il cibo come ricompensa può portare a un rapporto conflittuale con il cibo.

Ascoltare e rispondere alle domande

  • Fate domande aperte. Chiedete: “Come ti senti dopo aver mangiato?” o “Qual è stata la cosa più buona di oggi?” per stimolare i bambini ad ascoltare i propri segnali di fame e sazietà.

  • Se il bambino parla di peso. La SIP consiglia di non drammatizzare e di rispondere con empatia, spiegando che ogni corpo cresce in modo diverso e che l’importante è essere sani. Se il bambino sente parole offensive a scuola (“ciccione”, “balena”), chiedetegli come si è sentito e rassicuratelo; può essere utile coinvolgere il pediatra o gli insegnanti.

  • Non proibite cibi “poco sani”. Lo studio citato da FoodNavigator mostra che quando si spiega perché un cibo fa bene, i bambini lo accettano più volentieri. Invece di vietare i dolci, insegnate a moderarli e a inserirli in contesti speciali.


Conclusioni: il ruolo della palestra e della famiglia

Come palestra ci sentiamo responsabili di diffondere messaggi che promuovano benessere fisico e mentale. Crediamo che dai 3 ai 6 anni i bambini siano particolarmente ricettivi a ciò che vedono e ascoltano. Parlare di dieta in modo negativo può instillare sensi di colpa e un’ossessione per la magrezza. Invece, utilizzare un linguaggio positivo, mostrare comportamenti sani e coinvolgere i bambini nella scelta e preparazione dei pasti li aiuta a sviluppare un rapporto equilibrato con il cibo.

Incoraggiamo i genitori a trasformare la tavola in un terreno di gioco educativo, a celebrare la diversità dei corpi e a ricordare che la salute è un viaggio, non una gara. Passare dalla mentalità della dieta a quella del mangiare bene è un regalo che possiamo fare ai nostri figli, per aiutarli a crescere forti, sicuri e felici.


Fonti

 
 
 

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